Il Patriarcato
La condizione di arretratezza e di degrado in cui piomba la pianura friulana in seguito alle incursioni ungare è testimoniata da un documento del 1028 attraverso il quale l’imperatore Corrado II concede al Patriarca il governo di queste zone, divenute pressoché inabitate e patria di selve ed incolti.
Il periodo patriarcale inizia perciò sotto l’insegna dell’arretratezza e della desolazione, ma i Patriarchi si impegnano in una vigorosa attività di ripopolamento e recupero economico e sociale in tutti i territori del Friuli ad essi soggetti. I commerci vengono favoriti, così come l’agricoltura e lo sviluppo delle istituzioni feudali; la nascita di nuovi insediamenti, attraverso soprattutto l’immigrazione di popolazioni quali per esempio quelle slave, porta ad una fase di sviluppo moderato, ma significativo.
È proprio durante questi secoli, e precisamente tra il X e l’XI, che in concomitanza al progresso sociale ed economico si vanno definendo le comunità rurali locali. L’attività principale rimaneva quella agraria, con l’attestazione di un numero sempre crescente di contadini liberi, affrancatisi dai vincoli di servitù feudale e soggetti a livelli e affittanze pattuite sul lungo periodo con i proprietari dei fondi. I terreni coltivati seguivano la rotazione biennale e si trovavano nelle immediate vicinanze dei centri abitati; alle ville erano poi soggette quelle terre dette “comunali”, in parte periodicamente coltivate, ma per la maggioranza lasciate a pascolo o a bosco e utilizzate per la raccolta di foraggio, di legname e di frutti spontanei. Una buona percentuale dei terreni non comunali era poi di proprietà di nobili e di famiglie feudali, che esercitavano una specie di monopolio per quanto riguarda la gestione della terra e dei prodotti da essi derivanti. A fianco agli addetti all’attività agricola, fonte di sussistenza per un numero sostanzioso di contadini, coloni, braccianti, facenti parte del ceto basso della popolazione, va annoverato il ceto medio composto da artigiani, notai, maestri, commercianti. Il governo delle comunità così composte era affidato alla “vicinia”, la riunione dei capofamiglia proprietari di terreni, una specie di consiglio comunale con potere deliberante che si riuniva in una casa del comune o “loggia del comun”. Questa organizzazione, venuta affermandosi con il tardo medioevo, permarrà per quasi tutta l’età moderna, scomparendo solamente coll’avvento dei francesi e nei decenni immediatamente successivi alla Rivoluzione francese.
Le libertà di governo di cui godevano le comunità del comune, come succedeva in tutto il Friuli, erano però fortemente condizionate dalle giurisdizioni e dai poteri che facevano capo ai signori feudali, che esercitavano una pressione economica, ma anche sociale e culturale, molto forte sui membri di queste comunità. Il continuo aumento della pressione esercitata attraverso i vincoli feudali, connessa direttamente al continuo stato di guerra fra signori e famiglie feudali, portò rapidamente ad un progressivo peggioramento della condizione economica e sociale di queste terre, con tassazioni sempre più pesanti imposte a contadini sempre più poveri ed indebitati. Questo stato di continue tensioni ed attriti portava ad un continuo mutamento delle giurisdizioni e dei confini.
Riferimenti bibliografici
Breve Storia del Friuli / P.S. Leicht. - 4. ed. / con aggiunte a cura di C.G. Mor. - Udine : Libreria Editrice «Aquileia», 1970
Storia del Friuli / Pio Paschini ; 4 ed. a cura di Giuseppe Fornasir. - Udine : Arti Grafiche Friulane, 1990